Primi mesi del lontano 2010.
All'epoca ero ancora un adolescente un po' allocco, stupido e troppo sicuro di sé: insomma, come eravamo praticamente tutti noi che ora siamo adulti. Facendo un rapido zapping sui canali che preferivo (quelli sui cartoni animati) durante un momento di noia, incappai nel trailer di K2 dedicato ad A tutto reality – l'isola. Allora, come ancora adesso d'altronde, il mio odio per i reality show avvampava come le fiamme della caldaia dell'inferno, e non pochi dei miei ex compagni di classe erano soliti guardare programmi ammazza intelligenza come La pupa e il secchione o Il grande fratello, che altro non erano che un agglomero di spazzatura peggiore di quello presente nel film Wall-E.
Ok, qualche puntata ogni tanto la guardavo anch'io, ma faceva parte del gioco. Non commetterò altri sbagli simili... spero.
L'idea, quindi, di visionare un cartone che parodizzava i tanto da me disprezzati reality mi catturò non poco. Era forse uno mio dei miei sogni inconsapevoli, che si era finalmente realizzato.
Volete sapere cosa ne penso? Allora restate sintonizzati qui, su questa recensione di A tutto reality – l'isola. (citazione obbligatoria)
Come iniziare se non parlando di come il tutto si avvia.
I primi minuti del primo episodio hanno come obbiettivo quello di presentare i ventidue concorrenti: Beth, LeShawna, Courtney, Harold, Heather, Duncan, Gwen, Trent, Cody, Owen, Noah, Goeff, Bridgette, Lindsay, Eva, DJ, Justin, Ezekiel, Tyler, Katie, Sadie e infine Izzy. *Ho scritto tutti i nomi andando a memoria, senza consultare Wikipedia.
Non esistendo in questa serie la classica divisione tra protagonisti e personaggi secondari, può sembrare difficile affidare a tutti quegli interpreti un ruolo chiave, rilievo o personalità di un certo spicco. Eppure il lavoro svolto qui è stato a dir poco eccezionale. È facile essere selettivi e porre analisi su tutti, scegliendo chi merita il nostro pieno gradimento, solo in parte oppure il più totale disprezzo o vie di mezzo anche a seconda dei casi, replicando in modo più sensato la tecnica di intrattenimento dei veri reality show (che paradossalmente di reality non hanno un c*zzo). Se devo dirla tutta, il concorrente che da sempre preferisco è Owen, per via del suo entusiasmo, spirito sportivo e capacità di farsi apprezzare da (quasi) tutti. Alla guida dei campeggiatori vi saranno Chris McLean, il conduttore narcisista e infame, e Chef Hatchet, ex soldato laureato in caccia all'uomo con tanto di magistrale, costretto da contratto (o dal migliore amico Chris) a vestirsi da donna in più di un'occasione.
Descrivere questo cartone è semplicissimo, già dalla sequenza finale della prima puntata: crudele, spietato, bastardo e con spruzzi di black humor, realizzato così per il volere del conduttore Chris, che incarna appieno tutto lo spirito delle sfide, delle volte anche al limite del disgusto, capaci di mettere a dura prova pure lo stomaco di noi spettatori (Ancora oggi fatico a guardare la scena in cui Gwen deve bere il succo di frutti esotici dal gabinetto). I concorrenti, da parte loro, ne rappresenteranno il lato più umano: nei pochi momenti di tranquillità a loro concessi amano stringere amicizie, legami sentimentali o alleanze per aiutarsi e sostenersi a vicenda. In virtù di ciò, dunque, rideremo delle disgrazie dei campeggiatori come Chris (fermo restando nel contesto del cartone) o ci sentiremo più vicini a loro. E tranquilli, non sarà un paradosso.
A tutto reality non rappresenta solo una malvagia presa in giro ai reality veri e propri, ma anche un grido di battaglia e segno di rivincita di determinate categorie di persone verso i loro oppressori (su cui agirà prima o poi il karma) e le loro abitudinarie difficoltà, e qualche scena a riguardo la ricorderete anche voi.
Il character design si adegua allo stile tagliente del cartone, grazie al tratto fatto di linee spigolose e molto geometriche, dando un certo valore alla tecnica in Flash. Forse ciò che non mi ha stupito affatto è l'animazione, visto che i personaggi stanno sempre di ¾ e si muovono quasi del tutto solo sull'asse orizzontale dello scenario, facendo sembrare il tutto una gioconda di da Vinci mista a pitture murali egiziane in movimento. Nulla che mi turbi davvero, però.
CONCLUSIONE: A tutto reality (così come le stagioni successive) mi ha accompagnato per buona parte degli ultimi anni della mia adolescenza, regalandomi un sacco di bei momenti capaci di distrarmi da scuola e attività sportive. È normale, quindi, che con essa abbia stabilito un legame affettivo, considerandola immancabilmente una delle mie serie preferite.
Non me la sento, però, di darle un voto; qualcosa mi frena dal farlo. Il riconoscimento verso questo cartone non lo voglio mostrare con dei numeri, ma con dei bei ricordi.
Quindi, al diavolo L'isola dei famosi, La pupa e il secchione, Il grande fratello o vaccate simili! Io resto su A tutto reality, e consiglio anche a chi non l'ha mai visto di darsi da fare e recuperare tutto ciò che ha da offrire, e anche subito.