Ricordo ancora bene come, nell'estate a cavallo del periodo tra la quinta elementare e la prima superiore, scrissi un bruttissimo racconto, in cui mi inserivo come protagonista assieme ad un mio amico, con la trama che girava tutta attorno ad un fantasma malvagio dall'aura scarlatta con scopi non chiariti che affrontavamo ogni notte con coltelli e mazzate, sempre e comunque durante le ore notturne o di coprifuoco. Detto così, questo racconto suona come una str*nzata, vero? Difatti lo era, e sto volutamente nascondendo alcuni sviluppi della storia perché talmente stupidi che restituirebbero logica all'anime Hidan no Aria. Una cosa, però, ancora apprezzo di quella storia: l'atmosfera che vi creai. L'idea di giovani ragazzi nemmeno adolescenti che percorrono delle strade illuminate da lampioni gialli ed entrano improvvisamente in contatto con attività o entità paranormali lo ritengo il solo colpo di genio che ebbi all'epoca. Forse nel mio inconscio ambivo ancora a realizzare una storia del genere, evitando però con la logica che ora ho acquisito col tempo assurdità narrative basate sull'incoerenza e creare un protagonista da zero.
Parte di quest'idea fu però realizzata – in anticipo - dalla serie che ora mi adopero a recensire: Stranger Things.
Fu mesi fa che vidi per la prima volta il prologo, mostratomi da uno dei miei fratelli per darmi un'idea di che tipo di serie si trattava e quali contenuti poteva offrire, e lo stupore fu subito alto... prima che mi dimenticassi della serie per mesi.
Oh, purtroppo non ho molta iniziativa, e spesso me ne pento, quando scopro che stavo per perdermi delle perle.
Il promemoria che mi ricordava di iniziare a guardare questa serie scattò quando su YouTube girava da tempo la pubblicità della seconda stagione in modo quasi iterato.
Il resto è facile da immaginare.
Approfittando di un momento di relax, seduto su una comoda poltrona del mio salotto, avviai Netflix, selezionai Stranger Things e per tutto l'arco della prima puntata non ci fui più per nessuno.
La trama in sunto è questa:
Michael (abbreviato in Mike), Lucas, Dustin e William (abbreviato in Will) sono un gruppo di ragazzi che, secondo il modo di vedere le gerarchie sociali tipica degli americani, sono degli sfigati, anche se sono tutti caratterizzati da una grande intelligenza e un elevato interesse per la scienza e le sue numerose materie collegate. Durante il ritorno a casa, dopo una campagna a Dungeons&Dragons, Will incrocia per caso una strana creatura umanoide e dai tratti inquietanti che lo insegue e poi gli fa fare una fine misteriosa. La cittadina di Hawkins si mette quindi in allerta e si mobilita per trovare il ragazzo.
Per quanto semplice possa apparire, la trama di Stranger Things si arricchisce man mano, di episodio in episodio, di nuovi dettagli e finezze concrete impastate di sovrannaturale, inglobando nel suo contesto fenomeni poltergeist e universi paralleli da un punto di vista in perfetto equilibrio tra logico (be', si fa per dire) e un modo di trattarle giusto più fantasioso e libero. Vista con gli occhi dei protagonisti, l'avventura inaspettata che si ritrovano a vivere è una continua ricerca di novità esaltanti e un pericoloso gioco a nascondino che risalta e fornisce uno scopo a quelle capacità sottovalutate pure dalla massa del mondo reale. L'impulso primario della serie viene azionato dal personaggio di 011, una bambina di poche parole avente il ruolo di supporto/comprimaria, che si unirà a Mike, Dustin e Lucas nella loro missione di soccorso per salvare Will, mentre numerosi ricordi si riaccenderanno nella sua mente che la ricollegheranno al suo passato da cavia da laboratorio (come succede ad Action Man xD). 011, infatti, è dotata di poteri telecinetici che fanno gola a uomini potenti che agiscono senza rimorsi e moralità. Poteri che le costano, ad ogni utilizzo, epistassi e affaticamento. L'idea che un personaggio così potente funzioni a “cariche limitate” è una dimostrazione di saggezza narrativa dei creatori della serie, che non si sono deliberatamente concessi comodità di scrittura e un Deus ex Machina a portata di storia che risolve le situazioni più scomode e contorte, lasciando la piena libertà agli eventi di sviluppare un clima di tensione horror che non si regge su premesse fasulle. Quante volte accade, soprattutto ai giorni nostri, che un film del medesimo genere punti a mescolare tensione e terrore con scene dove ti illudono che stia per accadere qualcosa oppure dirottano su jump scare a non finire, ma che nella loro sostanza non sono né fumo né arrosto? Troppo, e questi escamotage visivi, celebri per essere usati soprattutto da produzioni horror dallo scarso valore contenutistico e fantasioso innovativo, si sono propagati come virus in mezzo ad un'epidemia. Matt e Ross Duffer, creatori di Stranger Things, si sono ben discostati da questo modello, scegliendo la deviazione giusta del bivio, creando una serie che non sacrifica trama, sviluppo di personaggi dal più che discreto potenziale e colpi di scena in favore dello spavento troppo facile e momenti di vuoto cosmico silente dove i fenomeni allucinogeni soprannaturali sono solo un banale intermezzo, e nulla più. La tensione in questa serie è presente, ma riesce a svilupparsi andando a braccetto con la trama, senza sentire il bisogno di sostituirla per coprire una certa manchevolezza (capito, saga di Paranormal Activity?).
La fedeltà della rappresentazione del periodo in cui è ambientata la storia, inoltre, appare come un'altra chicca da analizzare o riscoprire, dalla forma delle televisioni fino alla musica che ascoltano i protagonisti, che vestono e portano acconciature secondo quelle che erano le mode dell'epoca. Viene anche strizzato l'occhiolino al genere heavy metal, che stava prendendo piede soprattutto in quegli anni, e a saghe di successo come Karate Kid e Gosth Busters, le mere regine dell'intrattenimento di allora, e alla lista non potevano essere assenti citazioni a film di paura e gore che diedero la nascita a icone ancora evergreen a distanza di oltre 35 anni. Anche il titolo di testa e l'intro in puro stile Neon aiutano a rievocare ciò che caratterizzava la filmografia di quegli anni, specialmente nella veste grafica, goduta però da noi spettatori con le moderne tecnologie ad alta risoluzione a nostra disposizione.
Stranger Things, tuttavia, non è esente da qualche problemino che forse si poteva evitare. Il demo gorgone, che è un altro elemento centrale nella storia, è realizzato con una grafica e un'animazione solo al di poco di sopra di quella che si vede nei film della infamata Asylum. L'effetto che rende è quello appunto di una creatura che non sembra affatto muoversi in quel ambiente e nemmeno esserne in contatto. Ho chiuso volentieri un occhio su questo problema, riconoscendo come, tutto sommato, alcuni registi fanno lo sbaglio inverso, il che è infinitamente peggiore, come la storia ci ha insegnato e ci ribadisce tuttora.
COMMENTO FINALE: Mi ha veramente giovato vedere una serie del genere.
Stranger Things è un umile capolavoro che restituisce vita al modo di fare horror vintage rinfrescandolo con la tecnologia moderna e che si riveste di una narrazione corposa all'interno di una storia semplice.
Promosso.
VOTO: 9,5